Basti pensare che, solo nel 2010, Google ha introdotto oltre 500 update e che, negli anni successivi, questo numero è andato via via aumentando passando a 1653 nel 2016 e ad oltre 3000 nel 2018. Non sappiamo con esattezza il numero delle volte in cui l’algoritmo di Google è stato modificato tra il 2019 e 2020 ma sicuramente gli aggiornamenti saranno stati tantissimi.
Ma perché Google implementa così tanti aggiornamenti nel corso del tempo? Ovviamente per due motivi:
– migliorare l’esperienza degli utenti;
– fare in modo che i titolari dei siti web si adeguino alle nuove regole in modo tale da offrire contenuti sempre più adeguati alle esigenze degli utenti stessi.
Alla luce di questa premessa possiamo affermare, come in tanti dicono, che la SEO è morta?
La SEO è morta?
Per rispondere ad una domanda del genere, partiamo col dire che il numero di ricerche quotidiane eseguite su Google, ogni giorno, superano i 5 bilioni mentre annualmente sono 2 trilioni le ricerche fatte sul motore di ricerca di Mountain View.
D’altro canto esistono a loro volta tantissimi siti e blog che cercano di rispondere alle query degli utenti. Spesso capita che per intenti con volumi che si aggirano attorno alle 10.000 visite al mese esistano centinaia di migliaia di pagine ed articoli che, trattando il medesimo argomento, cercano di rispondere in maniera esatta alla stessa query.
Viene così a crearsi la classica situazione che si verifica sui mercati quando l’offerta supera la domanda.
Pensa ad esempio alla keyword banana che conta circa 640.000 ricerche ed oltre 880 milioni di risultati a livello globale.
C’è poi da considerare un altro aspetto. Google, negli ultimi anni, si è trasformato da motore di ricerca a motore di risposta. Avrai sicuramente notato che digitando determinate tipologie di query, ad esempio quelle relative al meteo, Google tende a rispondere immediatamente al quesito posto dall’utente. Ciò significa che la mole di traffico organico che effettivamente atterra sui siti web posizionati nelle prime posizioni dei risultati di ricerca è nettamente più basso rispetto al passato.
Sembra quasi che in un certo senso Google sia entrato in concorrenza con i siti web che si posizionano all’interno del suo motore di ricerca.
Ma alla luce di quanto appena detto possiamo quindi affermare che la SEO è morta? In realtà è l’esatto opposto.
Perché la SEO non è morta
Per comprendere perché, in realtà, la SEO non è da considerarsi morta o obsoleta, bisogna cambiare punto di vista ed iniziare a pensare che con il passare del tempo tutti i canali di traffico prima o poi diverranno saturi.
Questo discorso non vale solo per Google ma anche per altri canali di traffico come, ad esempio, i social.
Una delle fonti di traffico più primordiali del web è quella relativa ai banner. Oltre 20 anni fa un banner riusciva a generare un CTR vicino al 40% mentre oggi riesce a malapena ad arrivare allo 0,5%.
Lo stesso discorso può essere fatto per Instagram dove l’engagement negli ultimi quattro anni è calato di molto, sia per quanto riguarda i post organici che quelli sponsorizzati.
Tuttavia la spesa media per la pubblicità su Google, Facebook, Instagram e sugli altri canali di traffico a pagamento continua a crescere. Ciò significa che le aziende in qualche modo stanno continuando a generare profitti sul web. Ma come fanno? La chiave per aggirare il problema è cercare di trovare un metodo per riuscire a generare conversioni e comunicare in maniera efficace con il proprio pubblico, senza dipendere eccessivamente dagli algoritmi delle varie piattaforme.
Ad esempio, imprenditori come Gary Vaynerchuck o Grant Cardone, tendono ad inserire il proprio numero di telefono all’interno dei post, al fine di comunicare direttamente con la propria base di pubblico, a prescindere dal funzionamento degli algoritmi dei canali di traffico a cui si affidano.
Bisogna comprendere che se le metriche non stanno andando a tuo favore non significa che quel determinato canale di traffico sia morto. Probabilmente bisognerà cambiare punto di vista ed adottare una strategia tale da sfruttare in modo diverso quella fonte.
Google continua ad essere il motore di ricerca più utilizzato al mondo ma la vera questione è che gli utenti stanno iniziando ad utilizzarlo in maniera diversa rispetto al passato.
Analizzando il comportamento degli utenti su Google ed Instagram esso sembra essere radicalmente cambiato negli ultimi anni. Google è ormai diventato il luogo in cui le persone cercano informazioni su un prodotto o servizio mentre tendono a concludere il loro acquisto su Instagram.
Una strategia che attualmente sembra funzionare molto bene è quella di produrre contenuti educativi che ruotano attorno ad un prodotto e che non forzino l’utente ad acquistarlo in maniera diretta. Si tratta di un meccanismo molto efficace che non fa percepire all’utente il carattere pubblicitario del contenuto.
Quindi prima di lamentarsi su come un post rivolto direttamente alla vendita del prodotto non produca più i risultati che riusciva ad ottenere in passato, cerchiamo di comprendere cosa è cambiato nel comportamento degli utenti prima di dichiarare che la SEO è morta.
Un grande marchio come Olay, con la strategia citata poco fa, è riuscito ad ottenere un incremento dei click dell’87%, un decremento del 30% del costo per click ed un incremento delle conversioni del 100%.
La SEO non sta morendo, sta solo cambiando
Ora che sai che Google è in una fase di cambiamento e che sta diventando sempre più un vero e proprio motore di risposta, sia in organico che con le pubblicità a pagamento, ci sono ancora alcune cose che devi assolutamente sapere se vuoi eccellere nella SEO.
Il vero cuore della SEO è la user Experience. Ciò significa che Google tende a mostrare nei primi risultati le pagine web che riescono a rispondere in maniera chiara, veloce ed incisiva all’intento di ricerca digitato dagli utenti.
E come fa a capire Google se un contenuto è utile o meno agli utenti? Ovviamente guarda con attenzione il loro comportamento. Se tendono ad abbandonare in maniera veloce un contenuto, quest’ultimo sarà reputato come poco utile mentre, al contrario, un articolo su cui i visitatori tendono a rimanere per lungo tempo, sarà per Google un segnale forte che renderà quel contenuto utile e quindi degno di scalare le prime posizioni della serp.
Altro aspetto da prendere in considerazione è che Google, per valutare quali contenuti posizionare nelle prime posizioni, non analizza solo i suoi dati interni ma guarda con attenzione anche ai social come Pinterest, LinkedIn o Instagram.
Si tratta dei cosiddetti segnali social che di fatto non impattano direttamente sulla SEO ma che possono rappresentare dei segnali così forti da aumentare la reputazione del Brand legato ad un sito. E se gli utenti iniziano a conoscere il tuo brand probabilmente lo cercheranno anche su Google, aumentando indirettamente le ricerche legate al tuo sito.
Il concetto di brand piace molto a Google. Sono infatti moltissimi i casi studio secondo cui all’aumentare della notorietà di un marchio o di un brand, migliora di riflesso anche il posizionamento del sito legato a quel brand.
Un altro modo per entrare nelle grazie di Google è costruire siti dedicati a nicchie specifiche. A Google, infatti, non piacciono i siti che parlano di tutto e che spesso tendono ad avere contenuti poco approfonditi.
Focalizzarsi su una nicchia permette a Google di identificare un sito web come specializzato in un determinato argomento.
Un grande colosso del passato come about.com, che era appunto un sito che trattava tantissimi argomenti molto diversi tra loro, subì un tracollo proprio per questo motivo. Riuscirono a risolvere la situazione costruendo dei siti specifici per ciascuna nicchia.
Il futuro risiede nella personalizzazione. Spesso utenti diversi tendono a visualizzare differenti risultati di ricerca in base, ad esempio, al dispositivo che utilizzi, quindi lo smartphone piuttosto che Google Home.
Dunque alla pari di come agisce Google, anche all’interno del sito è utile cercare di personalizzare l’interfaccia per permettere all’utente di adattarlo in base alle proprie esigenze.
Conclusioni
La SEO non sta morendo ma sta semplicemente cambiando sulla base delle esigenze degli utenti che si stanno modificando a loro volta.
Certo il CTR sta diminuendo, ma la chiave per continuare a generare traffico e conversioni tramite Google sta nell’adattarsi, non preoccupandosi degli aspetti su cui non abbiamo il controllo ma concentrandoci sulle strategie che possiamo adottare per continuare a far crescere il nostro business nonostante i cambiamenti.