Altra considerazione importante che è scaturita da questo evento è il fatto che ogni impresa che opera la vendita dei suoi prodotti attraverso la multicanalità deve obbligatoriamente trasformare il suo gruppo di lavoro operativo: da una organizzazione settoriale (ogni team del gruppo si occupa di uno specifico brand su di uno specifico canale) si deve quasi perentoriamente passare ad una organizzazione di tipo trasversale e condivisa, in modo che le varie unità di lavoro possano interagire l’una con l’altra e creare delle campagne di vendita multipiattaforma, ottimizzando in questo modo il ritorno di investimento operativo sia del singolo brand nello specifico canale di vendita, sia dell’intero marchio attraverso gli indicatori KPI (Key Performance Indicator) mediante tutte le possibilità del mercato attuate dall’azienda.
Sebbene da alcuni anni venga costantemente ripetuto in tutti i settori che tutto ciò che rientra nel mondo della tecnologia cambia in modo repentino, in realtà, osservando con attenzione l’andamento generale del mercato, ci si accorge come questo assunto non corrisponda esattamente alla realtà: Google è il principale motore di ricerca ed il principale fornitore di servizi consumer da moltissimi anni ormai, Facebook è leader fra i social media nonostante i problemi e le polemiche in cui è stato recentemente coinvolto, le e-mail restano il principale canale di comunicazione sia tra privati che tra aziende da oltre 25 anni.
Anche il mondo dell’e-commerce sembra piuttosto fermo, poiché, pur registrando un aumento vertiginoso degli acquisti on line in tutti i settori, i siti principali di commercio elettronico restano sempre gli stessi, ovvero Amazon, e-Bay ed Alibaba.
Nonostante queste constatazioni, però, nel corso di un importante evento tenutosi a Singapore e promosso da Econsultancy Digital Cream, alcuni esperti del settore delle vendite online hanno dimostrato come anche la distribuzione tramite l’e-commerce si stia modificando in modo radicale. Il dibattito è stato condotto grazie all’intervento di Ajay Shankar, direttore dell’area di Ecommerce della Lenovo e di Nicholas Kontopoulos, responsabile regionale di APAC ed EMEA Marketing, Magento, società del gruppo Adobe. Nel corso di questo tavolo di discussione si è fatto esplicito riferimento a quattro principali cambiamenti nell’ambito delle strategie di marketing globali che sono state attuate dalla maggior parte delle aziende che operano nel settore dell’e-commerce.
Il significato di vendita offline / online è stato trasformato
Solo lo scorso anno Ajay ospitava il tavolo e-commerce di Digital Cream ed il dibattito era incentrato sulla necessità di spingere le aziende tradizionali a puntare sulla vendita online, entrando così in un nuovo mercato. Eppure oggi, le stesse aziende hanno evidenziato la necessità di fare il percorso inverso, ovvero di trasferire le vendite da online a offline a causa della saturazione dell’e-commerce che non permetterebbe una reale crescita economica dell’impresa. Secondo alcuni studi di settore, ad esempio, quasi un terzo delle vendite al dettaglio in Cina avviene online e secondo alcune stime i consumatori dell’area Asia-Pacifico dovrebbero spendere quest’anno usando il commercio elettronico almeno un quinto del loro reddito via internet; di conseguenza l’incremento del fatturato come obbiettivo finale attraverso le vendite online, anno dopo anno sta diventando sempre più difficile, come affermato da un partecipante durante un suo intervento alla conferenza.
Queste discussioni, in realtà, sono appena iniziate poiché come è stato fatto notare da più di un partecipante, ancora non risulta ben chiaro come le aziende possano attribuire ed associare gli utili delle vendite offline al capillare lavoro fatto attraverso i canali online. Appare evidente, tuttavia, che questi quesiti debbano essere risolti prima che le aziende che operano prevalentemente nell’e-commerce investano per l’apertura di catene di negozi tradizionali sul territorio.
I brand stanno prendendo sul serio l’esperienza del cliente “senza soluzione di continuità”
Fra i problemi evidenziati nel’ambito di questo tavolo di discussione vi è quello dell’impegno, da parte dei brand, di utilizzare i loro canali a differenza di quanto avveniva inizialmente quando essi erano attenti, piuttosto, a dove puntare per la vendita online; questa infatti avveniva direttamente sui siti ed era basata sulla presenza costante e diretta nel mercato o sulla partnership con soggetti terzi che operavano attraverso altri canali.
Come più volte evidenziato, i brand sono ora interessati esclusivamente a dare ai propri clienti una presenza continua e martellante, quasi ossessiva, senza fare assolutamente attenzione al canale che viene utilizzato per la vendita. Molte aziende, del resto, si sono già rese conto della necessità di avere un gruppo di vendita online capillarmente strutturato, così da fornire un servizio analogo ed ottimizzato per tutti i canali di mercato coinvolti. Il principale fattore limitante per una vera espansione del marketing online è rappresentato, infatti, da vari fattori come ad esempio la limitazione tecnologica di base, il possedere budget limitati e da problemi logistici di magazzino. Tutti questi fattori, o parte di essi, hanno impedito a molte aziende di fare un vero salto di qualità nell’ambito del commercio elettronico. Naturalmente queste problematiche non si adattano a grandi brand come, ad esempio, l’Apple o Sephora che sono perfettamente in grado di controllare in modo diretto e strutturato sia la distribuzione sia la vendita che vengono effettuate indifferentemente attraverso la rete online e contemporaneamente nei negozi tradizionali.
Le comunicazioni di marketing riguardanti l’e-commerce sono sottoposte a un controllo sempre più approfondito
Agli inizi i brand che venivano direttamente inseriti all’interno del mercato di e-commerce crescevano in modo esponenziale così come le aree dedicate allo sviluppo e-commerce dei marchi tradizionali; per questa ragione un ampio spazio veniva dato alla pubblicità che poteva quindi godere di un budget molto sostenuto. Ora, invece, poiché il trend positivo delle vendite online si sta progressivamente riducendo ed i margini di guadagno diminuiscono di conseguenza, anche la pubblicità per promuovere questo tipo di mercato viene studiata in modo dettagliato, al fine di verificare con dati oggettivi che venga rispettato il ROI (Return of Investiment) per quel marchio e quelle specifiche modalità. Ecco perché chi oggi si occupa del mercato e-commerce deve dare maggior valore al messaggio pubblicitario da dare ai potenziali clienti, monitorando anche in modo più efficace i gusti e le abitudini in modo da poter creare una campagna mirata.
Durante questo importante evento la discussione ed i confronti su questo argomento sono andati avanti per molto tempo, dimostrando quanto possa essere diventata importante la pubblicità anche per le vendite online; quasi tutti i presenti si sono trovati concordi nell’affermare che la maggior parte delle aziende ancora non riesce a sviluppare su questa fetta di mercato una strategia pubblicitaria vincente, ragione per cui è innegabile che ci sia ancora molta strada da fare in questo ambito per la ricerca e lo sviluppo di strategie efficaci.
La struttura del team di e-commerce sta cambiando
Inizialmente i gruppi di lavoro che si occupavano di commercializzare un brand anche tramite l’e-commerce venivano suddivisi in base alle proprie competenze poiché i marketer del commercio gestivano la vendita al dettaglio e la distribuzione, quelli aziendali si focalizzavano esclusivamente sulla promozione del marchio e sulla comunicazione (tendenzialmente mediante i classici canali di comunicazione) mentre quelli che operavano direttamente nell’e-commerce erano specializzati nella presenza online.
Ora, però, questa strutturazione sta cambiando velocemente perché i brand cercano di puntare il più possibile su una fidelizzazione del cliente a 360° senza che ci sia alcuna suddivisione all’interno del team. Ciò si traduce in una modifica anche della tipologia di presenza all’interno del gruppo dei vari componenti dei team che devono necessariamente avere delle competenze trasversali rispetto alle aree descritte precedentemente e non più esclusivamente settoriali. Tutti infatti devono avere una profonda conoscenza del brand, della clientela e degli obiettivi per poter raggiungere, attraverso gli indicatori KPI (Key Performance Indicator), gli obbiettivi prefissati a prescindere dal canale in cui si lavora, ovvero online tramite sito web, direttamente nello store oppure attraverso i partner o i media. Da una accurata analisi dei dati sembrerebbe infatti che proprio le aziende che hanno adottato stabilmente questa strategia sono quelle che si trovano ad essere più vicine ai risultati previsti, avendo dei riscontri molto positivi in termini non solo di fatturato e ritorno dell’investimento ma anche di immagine nei confronti della clientela; eliminando le settorialità dei team all’interno del gruppo di lavoro e integrando le metodologie dei vari canali di vendita si sono quindi attenuate le difformità di marketing, ottimizzando l’attenzione del cliente e la relativa risposta mediante strategie pubblicitarie comuni e condivise.