Ma voi riuscite a definire cosa sia effettivamente l’esperienza del cliente?
È facile confondersi quando si tratta di argomenti importanti e notevoli come questo, quindi torniamo alle origini ed esploriamo il termine, cioè cosa significa e come le varie aziende e società possono avere successo in questo campo.
(Prima d’iniziare ricordate di controllare la serie dei corsi di formazione relativi alla Customer Experience di Econsultancy o la nostra guida al rapporto sulla gestione dell’esperienza del cliente).
Trovare valore nelle interazioni dei brand
Forrester definisce l’esperienza del cliente con questa espressione, cioè “il modo con cui i clienti percepiscono le esperienze con la vostra azienda”.
La parola “percepire” qui è fondamentale poiché significa che la Customer Experience è soggettiva e può essere diversa per ogni singolo cliente: è questo che rende il successo tanto difficile da raggiungere.
Ad esempio, un cliente potrebbe valutare un customer center rapido molto di più rispetto alla qualità di un prodotto. Ciò significa che potrebbe essere una CX positiva, se una società risponde rapidamente a un reclamo relativo a un articolo difettoso o rotto. Al contrario, un’altra persona nella stessa situazione potrebbe ritenere che si tratta di una CX negativa, se attribuisce un valore maggiore alla qualità di un prodotto piuttosto che alla rapidità del brand nel rimediarlo.
In che modo quindi i brand intendono tener conto delle differenze nelle opinioni personali come quelle appena esemplificate?
La spiegazione più approfondita di Forrester potrebbe aiutare a chiarire le cose. Lui suggerisce che, per ottenere una buona esperienza del cliente, le aziende devono garantire che:
- le interazioni siano utili (ovvero che forniscano un valore),
- siano utilizzabili (cioè quando il valore è ovvio e facile da trovare)
- siano godibili (i clienti tendono a ripetere l’interazione).
In altre parole, questo sembra suggerire che le aziende debbano lavorare sodo per garantire che ogni fase del percorso del cliente sia incisiva, non solo quella di un’area in particolare.
Che dire della fine della teoria del picco?
Non tutti sono d’accordo sul fatto che la migliore CX derivi dall’essere un buon tuttofare. Vale la pena pensare alla regola del picco. Questa teoria suggerisce che ” una conclusione forte ” lascia nella gente ( i clienti), un’impressione generale duratura e quindi di grande impatto.
In altre parole, una buona CX può essere raggiunta creando deliberatamente un’esperienza positiva alla “fine dell’imbuto”, per superare i precedenti “punti dolenti”.
Un esempio generico potrebbe essere un ristorante che offre un drink gratuito in risposta a un servizio lento o, ancora più semplicemente, un dipendente che vi ringrazia mentre uscite da un negozio al dettaglio.
Riguardo alle emozioni
Mentre terminare con una buona nota dovrebbe essere sempre qualcosa da incoraggiare, è potenzialmente sciocco pensare che questo è ciò a cui una buona CX si riduce.
Ciò che la teoria dimostra è che rimanere tuttavia nella memoria gioca un ruolo enorme e questo è qualcosa che viene spesso ottenuta attingendo alle emozioni delle persone.
Il legame tra emozione e comportamento del consumatore non è una novità. Questo studio della Northwestern University è particolarmente interessante. Ha rilevato che la scelta del consumatore viene influenzata dagli annunci che vengono abbinati deliberatamente a stati emotivi (in tal caso rabbia o tristezza, in relazione ai luoghi di vacanza rilassanti o attivi).
Altre ricerche hanno rilevato che i consumatori si preoccupano più di essere emotivamente connessi a un brand piuttosto che di sentirsi soddisfatti. HBR suggerisce che fare appello ai “motivatori emotivi”, compreso il desiderio di provare un senso di appartenenza, di avere successo nella vita o di sentirsi sicuri, genera clienti che sono pari al doppio rispetto a quelli che sono stati semplicemente soddisfatti.
Questo perché l’essere collegati emotivamente crea in genere livelli più elevati di lealtà, oltre a maggiori possibilità di raccomandare un brand.
Non dimenticare la personalizzazione
Accanto a una connessione emotiva, la personalizzazione è un altro elemento importante della strategia per la CX. Naturalmente l’una impatta sull’altra, con un marketing personalizzato che aiuta a suscitare emozioni e a creare una connessione più forte e che rimane nella memoria dei consumatori.
La vera chiave, come è ovvio, sono i dati, con una strategia della CX basata sugli stessi che aiuta i brand a migliorare e ottimizzare continuamente il percorso del cliente. Mentre le due aree sembrano mondi a parte, da un lato c’è l’area più olistica di “felicità” apparentemente in contrasto e l’altra, quella interamente basata sui numeri, i brand noti per CX tendono a fare un uso brillante dei dati.
Secondo la ricerca di Econsultancy, le aziende leader hanno il doppio delle probabilità di affermare che eseguono abitualmente azioni basate su approfondimenti e raccomandazioni da parte degli analisti, rispetto ai loro colleghi nel mainstream (60% contro 26%). Netflix e Amazon sono due esempi lampanti di quanto detto, perché entrambi si basano sui dati per offrire un’esperienza al cliente unica e personalizzata.
Per molte aziende farlo, tuttavia, rimane una sfida e non solo a causa dei limiti della tecnologia. La struttura aziendale rimane un grosso problema, con dati silenziati, mancanza di competenze e “titolarità” confusa, che crea grandi ostacoli. Maggiori informazioni su questo le trovate di seguito.
I dati, dunque, stanno diventando più concentrati. Il rapporto sulle tendenze digitali di Econsultancy ha rilevato che il 16% degli intervistati della società ha citato i dati come l’opportunità più eccitante per il 2018, rispetto al solo il 10% dell’anno precedente. Questo dimostra che le aziende stanno diventando sempre più focalizzate su opportunità specifiche (come il marketing basato sui dati), che si inseriscono nell’esperienza complessiva del cliente.
Come può essere misurata?
Per i marketer che si basano sui dati potrebbe esserci una grande tentazione di misurare il ROI (Return on Investment= Ritorno sull’investimento) degli sforzi per la CX. Tuttavia, questo può essere complicato e anche pericoloso, portando potenzialmente i marketer a concentrarsi sull’ottenere valore dai clienti piuttosto che fornirgli il valore stesso.
Ci sono, invece, una serie di metriche più specifiche e approvate dal settore, che forniscono informazioni utili. Il primo e, probabilmente il più popolare, è NPS (Net Promoter Score), che prevede un sondaggio con cui chiedere ai clienti (su una scala da 1 a 10) con quale probabilità raccomanderebbero il brand o il servizio a un amico.
Questo può essere utilizzato per determinare quale percentuale di clienti sono “promotori”, “passivi” o “detrattori” e per generare l’NPS complessivo di un’azienda, che è un buon indicatore di come la CX stia andando.
Il CES (Customer Effort Score) è un’altra metrica comune, più spesso utilizzata per misurare quanto sia felice qualcuno riguardo al servizio clienti, piuttosto che all’esperienza complessiva del brand. Questo perché valuta la facilità di un’esperienza, che va da “molto difficile” a “molto facile”. Di conseguenza i brand tendono a utilizzare il CES dopo che un cliente interagisce con un touchpoint del servizio, come ad esempio un canale di posta elettronica o dei social media.
Il punteggio di soddisfazione del cliente (CSAT) è la terza metrica, ed è probabilmente la più importante di tutte. Valuta quanto sia soddisfatto un cliente su una scala, ma può essere piuttosto vaga e inconcludente, a causa delle differenze su ciò che le persone potrebbero classificare come “soddisfacenti”.
È stato anche suggerito che i marchi che cercano di migliorare la CX dovrebbero puntare molto più in alto, rispetto al semplice fatto che i clienti si sentano soddisfatti.
Chi dovrebbe gestirla?
La questione su chi dovrebbe gestire la CX all’interno delle aziende è stata oggetto di accesi dibattiti. La maggior parte dei marketer ritiene che siano loro a doversi aggiudicare la leadership, insieme agli addetti alle vendite che svolgono questo compito. Tuttavia, per le società che intendono rendere la CX una priorità, il ruolo del CCO (Chief Customer Officer) può essere estremamente prezioso.
Questo perché è responsabilità del CCO promuovere e implementare iniziative incentrate sul cliente in tutte le aziende, che includono i team di marketing, vendite, assistenza clienti e finanza. Inoltre, possono anche aiutare a convincere gli altri dirigenti della C-Suite dei benefici connessi alle iniziative per la CX, guidando simultaneamente gli investimenti e la stessa leadership.
Per le società che sono ancora incerte su dove la CX dovrebbe concentrarsi, può essere più difficile raggiungere gli obiettivi finali. Secondo Calabrio, il 47% dei CMO ritiene di non avere gli strumenti giusti per comprendere le esigenze dei propri clienti, mentre il 31% dei senior leader sostiene che l’integrazione dei dati dei clienti sia la più grande sfida da affrontare per la propria azienda.
Al contrario, con una corretta gestione interna, l’esperienza del cliente può diventare una mentalità a lungo termine, piuttosto che un’azione solitaria, portando infine a una maggiore sicurezza e all’implementazione a livello aziendale.
Per riassumere:
È difficile riassumere la Customer Experience, ma prendiamo in considerazione alcuni punti chiave da ricordare.
- Curare ogni fase del viaggio del cliente. Mentre i cambiamenti ad alto impatto o l’attenzione al servizio clienti potrebbero funzionare a breve termine, è improbabile che portino a un successo nel lungo periodo. Come evidenziato nel report delle tendenze digitali di Econsultancy, le organizzazioni con un piano coerente, una visione a lungo termine e un supporto esecutivo per il futuro dei propri clienti, hanno più del doppio delle probabilità di superare i competitors.
- I dati sono un elemento chiave per distinguersi. Con un approccio analitico è stato dimostrato che separando il grano dalla pula, ovvero una CX mediocre da una di livello superiore, i dati dovrebbero essere incorporati nella strategia per offrire esperienze personalizzate, che a loro volta, delizieranno i clienti.
- Impostare preziosi KPI (Key Performance indicator=Indicatori chiave di prestazione). Mentre ci sono un certo numero di parametri che possono misurare la CX, è fondamentale scegliere quelli che risultano più rilevanti per la vostra società o azienda. Per i brand orientati al servizio clienti, il CES può offrire una visione approfondita, mentre l’ NPS potrebbe essere più vantaggioso per coloro che desiderano valutare il quadro generale della loro fedeltà.
- La leadership porta al successo a lungo termine. Infine, c’è la questione della proprietà o titolarità che non dovrebbe essere sottovalutata, in quanto le società che la raggruppano tra diversi team interni corrono il rischio di creare una CX confusa ed eseguita male. Al contrario, coloro che implementano forti leader della CX hanno una maggiore possibilità di integrare le iniziative e incoraggiare gli investimenti su tutta la linea.