La radio come antenata della comunicazione digitale
Possiamo far partire il nostro racconto indicativamente dagli anni ’20, quando, con la nascita delle trasmissioni radiofoniche si velocizzò l’avvento delle società cosiddette di massa.
Tutto ha avuto inizio con l’invenzione di Guglielmo Marconi, il quale era stato capace di trasmettere messaggi in Morse senza l’ausilio di cavi. Già dopo la Prima Guerra Mondiale in America lavoravano diverse emittenti in grado di attrarre le masse tramite l’apparecchio radiofonico. Proprio nei primi venti anni del 1900 nacquero emittenti popolari che proponevano programmi con cadenza regolare. Tutto questo si sviluppò in maniera più veloce del normale in quanto la maggior parte delle famiglie aveva a disposizione un apparecchio radiofonico nella propria abitazione.
Con il tempo le persone cominciarono a preferire passare del tempo ad ascoltare la radio invece di uscire ed andare a sentire la musica o ad assistere a spettacoli dal vivo. Per questo motivo nacquero numerose espressioni artistiche e culturali che passavano e si presentavano tramite la radio.
Un famoso studioso di comunicazione di nome McLuhan, (sociologo, filosofo, critico letterario, scopri tutto quello che devi sapere su questa personalità, clicca qui), nel 1964 sosteneva che i suoni avevano un effetto significativo sulla mente umana, ed erano capaci di risvegliare emozioni e sensazioni puramente primitive.
L’avvento della televisione
Non appena la televisione apparse sulla scena, la radio perse quasi immediatamente il primato di mezzo di comunicazione di massa per eccellenza.
Il primo programma televisivo venne trasmesso nel 1939 in Nord America, ma si dovrà aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale, per arrivare al periodo in cui la televisione cominciò ad entrare in maniera preponderante all’interno di tutte le abitazioni. Con gli anni ’50 la TV raggiunse la sua massima espansione, fino alla creazione di programmi atti esclusivamente alla rappresentazione televisiva.
La televisione rappresenta a tutti gli effetti il medium che ha maggiormente influenzato la mentalità del genere umano. La TV in pochissimo tempo riuscì ad attrarre tutta l’attenzione che prima il popolo riversava solo ed esclusivamente sul cinema o sulla radio.
Un altro famoso studioso di comunicazione, Gerbner nel 1971, sosteneva che le espressioni artistiche e culturali giunte attraverso la televisione erano caratterizzate da una forte autorevolezza e ascendente della stessa potenza della scuola o della famiglia. Lo stesso Gerbner pensava che il medium televisivo potesse anche sostituire del tutto questi nuclei.
L’arrivo del computer e l’entrata nell’era informatica
L’avvento del computer ha ovviamente cambiato la vita di tutta la popolazione mondiale, sia a livello di comunicazione digitale, sia a livello di interazioni sociali.
Appena realizzato tutti pensavano che questo strumento sarebbe stato utilizzato solo da grandi organizzazioni, per ricerche scientifiche di importanza massima per la comunità, nessuno pensava, agli albori del computer, che questo strumento sarebbe entrato nella casa di tutte le persone. Infatti, con lo sviluppo dei microprocessori negli anni ’70, la creazione e produzione di software sempre più facili ed intuitivi, durante gli anni ’90, e la successiva diffusione della Rete internet hanno fatto si che il computer diventasse un macchinario alla portata di tutti, equivalente ad una lavatrice o a qualsivoglia elettrodomestico.
Essendo il computer un elaboratore di dati di tutti gli altri media in circolazione è diventato a tutti gli effetti il primo medium per maggior influenza e utilizzo delle persone. Soprattutto è un macchinario molto efficace per la scrittura e qualsiasi espressione artistica, infatti viene utilizzato da tutti, giornalisti, poeti, artisti, scienziati, scrittori, ingegneri, architetti, avvocati etc.
Con la nascita di questo strumento abbiamo assistito anche allo sviluppo e modifica di alcune forme di prodotti culturali come ad esempio il libro. Sono nati infatti dei libri elettronici chiamati più precisamente e-book, oppure giornali prettamente informatici.
All’inizio del XX secolo tutta la comunicazione del genere umano passava attraverso il telegrafo e successivamente il telefono, al giorno d’oggi invece, ogni connessione comunicativa passa attraverso il computer: dalle interazioni sociali, allo shopping, al controllo del traffico, e molte altre situazioni comunicative, vengono tutte tramite computer.
Le interazioni sociali rappresentano ovviamente il settore che più ha pagato le conseguenze di questa comunicazione tecnologica. Infatti, la maggior parte degli scambi comunicativi sono diventati virtuali, andando gradualmente a perdere tutte quelle componenti umane che andavano a rendere uno scambio sociale tale. Inoltre, lo sviluppo informatico è andato ad aumentare in modo esponenziale l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri, più precisamente tra paesi ricchi in cui la maggior parte della popolazione si può permettere un computer, e paesi poveri, dove è molto difficile trovare persone che hanno un computer proprio all’interno della loro abitazione.
Harold Innis altro importante scienziato della comunicazione, ha dedotto la teoria secondo la quale i media non sarebbero mai neutrali. Infatti, secondo Innis i media, per la loro propria natura, sono in grado di sviluppare sia le interazioni e scambi tra individui sia la forma e la diffusione delle conoscenze. Quindi di conseguenza la società che si sviluppa intorno ai media può solo dare delle indicazioni e disegnare le informazioni, ma poi lo sviluppo delle espressioni culturali si sviluppano tramite i media. Altri studiosi invece non sono d’accordo con Innis e sono molto restii nei confronti del potere di influenza che può avere il computer sul genere umano. Infatti, secondo loro, la diffusione di questo mezzo di comunicazione, porterebbe solo ad un cambiamento superficiale, mentre la struttura della società sarebbe rafforzata da una forte funzione conservatrice del computer. Così facendo questo mozzo di comunicazione tappa le ali a tutte le altre tecnologie che potrebbero svilupparsi ma che non hanno liberà di espressione.