La chiamano creator economy. Un settore di business incentrato su creatori di contenuti, sui prodotti software e servizi concepiti per supportarli nella realizzazione delle loro passioni.
Oggi siamo tutti potenziali creativi. Nel momento in cui diamo vita a un contenuto- sia esso un’opinione, un testo o un’immagine condivisa nel mondo del web, ecco che entriamo a far parte del famigerato universo della “Creator economy”.
Un’economia per i creatori, detta anche passion economy o economia della monetizzazione individuale, un fenomeno che descrive quell’economia che ha a che fare con la creazione di contenuti (video, scritti, audio, etc.) da parte di persone con interessi e passioni diversi. Grazie al rapporto diretto con il proprio pubblico e a strumenti digitali di monetizzazione, è possibile ottenere un guadagno variabile.
Cerchiamo allora di capire meglio in che cosa consiste il fenomeno, chi sono i content creator e come si diversificano rispetto agli influencer, per esempio. Oltre a capire come avviene, nella pratica la monetizzazione.
Creator era
Content is king, letteralmente: il contenuto è sovrano. Si tratta di una frase diventata quasi un mantra, un concetto fondamentale del marketing digitale scritto per la prima volta nel 1996 da Bill Gates, che adesso ha il sentore di una profezia. Il contenuto è da sempre elemento essenziale di internet e dei social, principale strumento per attirare l’attenzione, creare dialogo e relazioni. Questa rilevanza ha dato crescente peso a chi questi contenuti li produce, facendoli diventare veri e propri riferimenti per network più ampi. Se a questo aggiungiamo l’accelerazione impressa dal covid-19 alla digitalizzazione è facile capire perché oggi si viva una sorta di era del creator.
Sono molteplici le piattaforme dove questa nuova forma di economia prende forma. Basti pensare a Udemy, dove è possibile caricare i propri corsi di formazione e venderli, per non parlare di social come YouTube e LinkedIn. Dove sono proprio i produttori e recruiter a cercare i talenti emergenti.
Ci sono creator nati dalle varie piattaforme social, si è fatto conoscere ed oggi sfrutta la propria celebrità per guadagnare. E c’è chi, invece, ‘sposta’ i suoi fan su siti web, app e strumenti di monetizzazione diversi dai social, come l’affiliate marketing. O ancora aziende nate a supporto della nuova economia – le content creator startup – che, a loro volta, creano nuovi strumenti e piattaforme per aiutare i creator.
Content creator o influencer?
Giunti a questo punto c’è bisogno di un chiarimento: Content creator non è sinonimo di influencer. La differenza è sostanziale anche sé è spesso dimenticata: l’influencer utilizza le piattaforme digitale per dar vita ad una relazione commerciale con le varie aziende, sfruttando la sua immagine e le sue competenze per sponsorizzare un prodotto. Mentre un content creator è colui che idea i propri contenuti senza essere vincolato dalla relazione commerciale con le imprese. E molto spesso lavora in anonimato. La relazione commerciale avviene – se avviene – quando è l’azienda a contattare il creator nel tentativo di dar vita a una collaborazione professionale. A differenza degli influencer, non sono dipendenti da una piattaforma. Il lavoro dei Content Creator va oltre i social network e non hanno bisogno di essi per continuare a farlo. Il loro rapporto con i social è unicamente quello di adattare i contenuti prodotti alle varie piattaforme, pensato al formato più idoneo.
Content creator e monetizzazione
Oggi la creator economy intercetta altre dinamiche di monetizzazione, con la retribuzione per chi crea contenuti proprio sulle piattaforme stesse; basti pensare che l’anno scorso TikTok ha lanciato un Creator Fund per pagare direttamente i suoi utenti che creano contenuti di successo; Snapchat ha lanciato un programma simile chiamato Spotlight; Twitter ha introdotto Tip Jar, un sistema per ricevere donazioni dai propri follower e Instagram ha da poco implementato il programma Bonus per premiare i contenuti dei creator. Insomma, possiamo affermare che oggi sono i creator a delineare le caratteristiche dei canali, le tendenze e persino a modificare la user experience.
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